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Il nostro ordinamento riconosce il diritto del figlio abbandonato, al risarcimento del danno subito ad opera del genitore a causa del mancato svolgimento da parte di quest’ultimo, dei doveri che gli sono propri. (C.d. danno da privazione del rapporto genitoriale)
Sul genitore non gravano soltanto i doveri economici legati al mantenimento economico del figlio, ma anche i doveri dell’istruzione, dell’educazione e dell’assistenza morale.
Il triste caso, da cui prende spunto il presente scritto (V. paragrafo conclusivo), è quello di un minore che è stato totalmente trascurato da parte del padre, sia dal punto di vista economico che affettivo.
Fondamento giuridico dei doveri del genitore
Come noto sussiste in capo ai genitori il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli.
Tale dovere deriva dal semplice fatto della procreazione e si desume innanzitutto dall’art. 30, Commi 1 e 2 della Costituzione, sia dalle norme di natura internazionale recepite dal nostro ordinamento.
In particolare:
- l’art. 24, comma 3 della Carta dei diritti fondamentali UE;
- l’art. 8 della Convenzione di New York del 1989, ratificata dall’Italia nel 1991, sui diritti del fanciullo.
Il nostro codice civile all’art. 315 bis prevede il diritto del figlio di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente, specificando che a tali diritti corrispondono altrettanti doveri da parte dei genitori.
Anche l’art. 337 ter c.c. nel disciplinare gli effetti sulla prole della crisi dei rapporti genitoriali, pone in luce il diritto soggettivo del figlio al mantenimento di un rapporto stabile con entrambi i genitori.
Sulla base del generale riconoscimento del dovere dei genitori di prendersi cura dei figli, una ormai ventennale giurisprudenza ha definito il principio secondo il quale la condotta segnata da un completo disinteresse di un genitore nei confronti del figlio viola diritti soggettivi costituzionalmente garantiti del figlio medesimo ed integra gli estremi di un fatto illecito, con obbligo di risarcire tanto il danno patrimoniale quanto quello non patrimoniale. (Cass. Civ. 7713/2000)
La risarcibilità del danno c.d. endofamiliare spettante figlio abbandonato
Secondo la normativa vigente i genitori non esercitano una “potestà genitoriale”, ma sono titolari di una “responsabilità genitoriale”, concetto che già in sé richiama il dovere piuttosto che il diritto.
La famiglia si configura, conseguentemente, come il luogo di incontro e di vita comune dei suoi membri, tra i quali si stabiliscono relazioni di affetto e di solidarietà riferibili a ciascuno di essi. La famiglia si configura come sede di autorealizzazione e di crescita, segnata dal reciproco rispetto ed immune da ogni distinzione di ruoli, nell’ambito della quale i singoli componenti conservano le loro essenziali connotazioni e ricevono riconoscimento e tutela, prima ancora che come “membri”, come persone.
Ne consegue che il rispetto della dignità e della personalità, nella sua interezza, di ogni componente del nucleo familiare assume i connotati di un diritto inviolabile, la cui lesione da parte di altro componente della famiglia, così come da parte del terzo, costituisce il presupposto logico della responsabilità civile, non potendo chiaramente ritenersi che diritti definiti come inviolabili ricevano diversa tutela a seconda che i loro titolari si pongano o meno all’interno di un contesto familiare.
In questa direzione, dopo alcune pronunce contrapposte che avevano generato delle interpretazioni di segno divergente, la sentenza della Cassazione n. 9801/2005 ha ampliato le frontiere della responsabilità civile nelle relazioni familiari e, oggi, il principio di indefettibilità della tutela risarcitoria trova spazio applicativo, pacificamente anche all’interno dell’istituto familiare, pur in presenza di una specifica disciplina dello stesso (Cass. Civ. sentenza 20 giugno 2013, n. 15481).
Si tratta dei c.d. illeciti endofamiliari.
Una ipotesi di illecito endofamiliare è proprio quella da privazione del rapporto genitoriale, in cui soggetto attivo è il genitore che omette di svolgere il ruolo da egli stesso scelto con la procreazione e soggetto passivo il minore, che perde, senza sua colpa, uno dei genitori.
La “perdita” del genitore non è compensata dalla presenza dell’altro o dei parenti prossimi e non è nemmeno compensata dal mero sostegno economico. E’ perdita che segna la vita del fanciullo; è perdita che causa un danno alla sua stessa identità personale.
Pertanto, secondo costante giurisprudenza, il comportamento del genitore che consapevolmente e colposamente priva il figlio della propria presenza, causa un danno di natura non patrimoniale che può trovare tutela risarcitoria ex artt. 2043 e 2059 c.c.
La quantificazione del danno da privazione del rapporto con il genitore
Sempre secondo la giurisprudenza, il calcolo del danno da privazione del rapporto con il genitore, sfugge a precise quantificazioni in termini monetari e, pertanto, è necessaria una quantificazione in via equitativa ex art. 1226 c.c.
La peculiare tipologia di danno non patrimoniale in questione, consistente nella integrale perdita del rapporto parentale che ogni figlio ha diritto di realizzare con il proprio genitore e che deve essere risarcita per il fatto in sé della lesione (cfr. Cass. n 7713/2000), può, in particolare, incontrare una liquidazione per indici presuntivi e secondo nozioni di comune esperienza.
In merito alla quantificazione in concreto, la giurisprudenza più recente, reputa di aderire all’orientamento (Corte Appello di Brescia, 1° marzo 2012) che, in caso di danno endofamiliare da privazione del rapporto genitoriale, applica, come riferimento liquidatorio, la voce ad hoc prevista dalle tabelle giurisprudenziali adottate dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano.
Tale Indirizzo che ha trovato recente conferma da parte della Suprema Corte (Cass. Civ., 22 luglio 2014, n. 16657). In materia di risarcimento del danno non patrimoniale, come noto, le tabelle elaborate dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano costituiscono parametro vincolante, attesa la loro diffusione sul territorio nazionale e l’esigenza di garantire uguaglianza nel momento risarcitorio Le suddette tabelle (nella loro edizione 2018), a favore di un figlio, per la perdita di un genitore, prevedono un risarcimento minimo di € 165.960,00 e un risarcimento massimo di € 331.920,00.
Si tratta, però, di voce calcolata sulla “perdita definitiva” del genitore, a causa di decesso.
Nell ipotesi di privazione del rapporto genitoriale, per abbandono morale, l’importo base deve essere dunque adeguatamente rideterminato in base alle peculiarità del caso concreto.
Nel successivo paragrafo si riassumerà una sentenza del tribunale di Milano, andando ad esporre il ragionamento del giudice al fine di chiarire il meccanismo di quantificazione in via equitativa.
Un esempio concreto: la sentenza del Tribunale di Milano 16-23 luglio 2014 – Sez. IX Civ.
Tizio e Caia convivevano e dalla loro unione, nel 1999, nasceva Sempronietta. Dopo pochi mesi, nell’anno 2000, Tizio abbandonava il nucleo familiare e Caia era costretta e crescere, educare e sostentare la figlia da sola.
Nel 2012, Caia citava in giudizio Tizio per chiedere il mantenimento della figlia, il rimborso delle somme anticipate nel tempo ed il risarcimento del danno c.d. endofamiliare.
Il tribunale, in merito al mantenimento, condannava Tizio al pagamento della somma di € 300,00 mensili pro futuro e riconosceva, inoltre a Caia, la cifra di € 35.900,00 per il mantenimento non versato negli anni precedenti.
L’aspetto che però interessa maggiormente il tema del presente scritto è sicuramente il risarcimento del danno c.d. endofamiliare spettante al figlio abbandonato.
La sentenza, alla luce degli elementi probatori emersi, in applicazione dei principi esposti nei precedenti paragrafi, riconosceva il diritto di Sempronietta al ristoro del danno non patrimoniale subito.
Tizio veniva ritenuto responsabile della violazione degli obblighi nascenti dal rapporto di filiazione per avere privato la figlia dell’affettività paterna, per avere dimostrato totale insensibilità nei suoi confronti, come emerso dal rifiuto di corrispondere i mezzi di sussistenza e negato a lei ogni aiuto, non solo economico, con conseguente violazione di diritti di primaria rilevanza costituzionale.
Per tali ragioni, tenuto conto del lasso di tempo trascorso (circa 14 anni), delle condizioni di totale abbandono morale e materiale e del fatto che Sempronietta, purtroppo, aveva saputo di essere stata abbandonata dal papà, adottando come base di calcolo l’importo minimo previsto dalle tabelle predisposte Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano a favore del figlio per la perdita di un genitore, il risarcimento veniva quantificato in misura pari a 1/4 per complessivi Euro 40.997,50.
Per qualsiasi eventuale chiarimento in merito a quanto esposto sul tema del risarcimento spettante al figlio abbandonato da uno dei genitori, potrete trovare i recapiti dello studio legale nella sezione “contatti“.