Lite fra condomini

Abuso nell’utilizzo delle parti comuni da parte dei condomini

L’uso improprio delle parti comuni in un condominio, è un fenomeno che è sempre stato diffuso, ma l’attuale situazione e le relative limitazioni alla possibilità di circolare liberamente, hanno ancora di più esasperato questa pratica, non solo illegittima, ma anche molto molesta.

Cosa si intende per “condominio”?

In primo luogo è utile chiarire che vi è un “condominio” allorquando in un medesimo edificio coesistono più unità immobiliari di proprietà esclusiva di singoli condomini e parti comuni strutturalmente e funzionalmente connesse alle prime.


A titolo esemplificativo e non esaustivo l’art. 1117 c.c. indica tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune (scale, muri maestri, fondamenta), le aree destinate a parcheggio (v. Cass. 21 febbraio 2018, n. 4255) ed i locali per i servizi in comune (portineria e lavanderia) e le installazioni ed i manufatti destinati all’uso ed al godimento comune (ascensori, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e trasmissione per il gas, l’energia elettrica, il riscaldamento ecc.)

Rientrano pertanto nella definizione civilistica di condominio anche le c.d. case di corte, per esempio, allorquando il cortile centrale permette l’accesso a più unità immobiliari di proprietà di soggetti differenti.

L’utilizzo legittimo del bene comune

Il singolo condomino può far uso delle parti comuni, purché non compia attività che incidano negativamente ed in modo sostanziale sulla loro destinazione d’uso (art. 1117-quater c.c.), non impedisca agli altri condòmini di farne parimenti uso, non arrechi pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza ed al decoro architettonico dell’edificio, non impedisca o limiti l’esercizio, da parte di un altro condomino, dei diritti dallo stesso vantati sulla porzione di sua proprietà esclusiva, secondo quanto stabilito per la comunione ordinaria dall’art. 1102, comma 1, c.c. (Cass. Civ. 5132/2019)

In particolare l’art. 1102 c.c. recita:

“Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.
Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.”


L’Uso improprio parti comuni condominio

Da quanto appena esposto, si evince che l’uso del partecipante della cosa comune incontra due limiti fondamentali:

  • il divieto di alterare la destinazione del bene;
  • il divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.


La valutazione della legittimità di un uso particolare, con riferimento ai due parametri sopra indicati, deve essere verificata dal giudice del merito in base al confronto tra uso diverso e destinazione possibile della cosa, quale stabilita anche per implicito dai condomini (Cass. Civ. 8886/2000).

La giurisprudenza, inoltre, differenzia “l’uso più intenso” da parte di un condomino considerandolo lecito, rispetto al vero e proprio “abuso” che preclude agli altri l’esercizio dei propri diritti. (Cass. Civ. 4498/1986)


È stata considerata alterazione delle originaria destinazione la permanente utilizzazione di un giardino comune come parcheggio, o l’utilizzazione di un cortile in città per tenervi dei cani o per lo scarico di rifiuti, o l’utilizzazione di una parte del fondo comune come cava di ghiaia. (Cass. Civ. 4498/1986)

In tema di uso della cosa comune secondo i criteri stabiliti dall’art. 1102 primo comma, lo sfruttamento esclusivo del bene da parte del singolo che ne impedisca la simultanea fruizione degli altri, non è riconducibile alla facoltà di ciascun condomino di trarre dal bene comune la più intensa utilizzazione, ma ne integra un uso illegittimo, in quanto il principio di solidarietà cui devono essere conformati i rapporti condominiali, richiede un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione.

Per esempio, la Corte di Cassazione, ha escluso la legittimità dell’installazione e utilizzazione esclusiva, da parte di un condomino titolare di un esercizio commerciale, di fioriere, tavolini, sedie e di una struttura tubolare con annesso tendone. (Cass. Civ. 17208/2008)

Come difendersi dagli abusi

In ambito condominiale è importante tenere in debita considerazione:
1) il regolamento condominiale e verificare se contiene qualche previsione in merito all’area comune oggetto di controveria. Si ricorda che l’art. 70 delle disposizioni attuative del codice civile stabilisce che: “Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad euro 200 e, in caso di recidiva, fino ad euro 800. La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie L’irrogazione della sanzione è deliberata dall’assemblea con le maggioranze di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del Codice.”;


2) la possibilità di una delibera assembleare che vada a regolare l’aspetto oggetto di contesa. Per esempio, secondo la Corte di Cassazione è valida la delibera dell’assemblea condominiale, approvata a maggioranza, con la quale si assegnano ai condomini i posti auto ricavati nell’area del cortile comune, senza attribuire agli assegnatari il possesso esclusivo della porzione. (Cass. Civ. 20612/2017);


3) il ruolo dell’amministratore che ai sensi dell’art. 1130 c.c. deve: curare l’osservanza del regolamento condominiale e disciplinare l’uso delle cose comuni, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini.

Infine, il nostro codice civile prevede che spetta a ciascun condomino il potere di diffidare l’esecutore di possibili violazioni della destinazione d’uso della cosa comune. Infatti l’art. 1117 quater c.c. recita:


In caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni, l’amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l’esecutore e possono chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie. L’assemblea delibera in merito alla cessazione di tali attività con la maggioranza prevista dal secondo comma dell’articolo 1136.


L’azione giudiziaria ivi richiamata, deve essere preceduta da una procedura di mediazione obbligatoria, all’esito della quale, nell’eventualità non si addivenisse ad un accordo bonario, sarebbe competente il giudice di pace.


In caso di pronuncia favorevole, si ritiene che il giudice di pace possa rafforzare l’efficacia del proprio provvedimento, prevedendo una somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o successiva inosservanza ex art. 614 bis c.p.c.

In ogni caso, previe tutte le verifiche in merito al titolo di proprietà ed all’eventuale regolamento condominiale, una diffida da parte di un legale che richiami il trasgressore al rispetto della disciplina vigente in tema di spazi comuni, può essere un primo passo per risolvere bonariamente la vertenza.

Per qualsiasi ulteriore informazione in merito a come difendersi dall’uso improprio delle parti comuni nel condominio, potrete trovare i recapiti dello studio legale nella sezione “contatti“.