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L’obbligo di contribuire al soddisfacimento dei bisogni della famiglia
Secondo il nostro codice civile, i genitori devono adempiere all’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole (il c.d. mantenimento del figlio), “in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo” (art. 316-bis c.c.).
Con il termine “sostanze” il legislatore intende che non si deve tenere conto soltanto dei redditi – ovvero di quanto ciascun genitore percepisce quale remunerazione per la propria attività lavorativa – ma anche appunto delle “sostanze”, ossia dei cespiti patrimoniali di cui ciascun genitore è titolare, e che è tenuto a mettere a disposizione delle esigenze familiari.
Secondo la dottrina e la giurisprudenza oggi prevalenti, il genitore che abbia provveduto ad adempiere diligentemente all’onere di concorrere a sostenere le spese per la famiglia, è libero di destinare a sua discrezione l’eventuale eccedenza di quanto abbia guadagnato.
In caso di crisi della coppia
Nell’eventulità di separazione, divorzio o cessazione della convivenza, il codice civile prevede modalità diverse per l’adempimento del dovere di mantenimento del figlio, a seconda che questi sia un minore (art. 337-ter c.c.) o un maggiorenne, ma non indipendente economicamente (art. 337-septies c.c.).
Nell’esercizio della mia attività professionale ho spesso l’impressione che il genitore sul quale grava l’onere di versare l’assegno di mantenimento in favore del figlio, sia rassegnato a corrisponderlo sine die in ragione di una precisa disposizione legislativa.
In realtà tale convincimento non è corretto e onde poter comprendere cosa prevede la legge, è opportuno fare riferimento ai sopra citati articoli 337-ter e 337-septies c.c.
Se il figlio è minorenne (art. 337-ter) ciascun genitore deve provvedere al mantenimento della prole in misura proporzionale al proprio reddito e, se necessario, il giudice fissa la misura dell’assegno di mantenimento che uno dei genitori deve versare all’altro.
Al compimento della maggiore età (art. 337-septies), il giudice “valutate le circostanze” può disporre il pagamento di un assegno periodico, che, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente al figlio.
Da quanto appena esposto, si comprende come non vi sia alcun automatismo e il giudice “può”, ma non “deve” disporre l’obbligo di corrispondere un assegno di mantenimento del figlio a carico del genitore. Si tratta di un giudizio discrezionale, rimesso al prudente apprezzamento del giudice, sulla base di una valutazione ad hoc.
La sentenza della Corte di Cassazione n. 17183/2020
Recentemente, la Suprema Corte con la sentenza n. 17183/2020 ha stabilito che l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del figlio.
Di conseguenza, in generale, la prova sarà tanto più lieve per il figlio, quanto più prossima sia la sua età a quella di un neo-maggiorenne; al contrario, la prova del diritto all’assegno di mantenimento sarà più difficile, man mano che l’età del figlio aumenti, sino a configurare il “figlio adulto”.
Per il testo integrale della sentenza è possibile fare riferimento al sito della Corte di Cassazione a questo indirizzo:
Per qualsiasi ulteriore informazione o aggiornamento in merito all’evoluzione giurisprudenziale in tema di mantenimento del figlio, potrete trovare i recapiti dello studio legale nella sezione “contatti“.